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QUALCOSA DI NUOVO IN LAGUNA
Inutile girarci intorno, il fondaco dei tedeschi è un intervento che a primo impatto colpisce e conquista. Colpisce per gli ampi spazi, cosa abbastanza insolita per una città come Venezia, per la splendida visuale offerta dalla terrazza panoramica e per la centralità dell’intervento, considerando che l’edificio si colloca al fianco di uno dei monumenti più famosi al mondo, il ponte di Rialto.
Conquista per la ricercatezza dei materiali, per la magnifica e sapiente stratificazione tra l’antico e il contemporaneo e per la lussuosa atmosfera che si respira al suo interno.
Lo studio OMA ha qui sicuramente dato il meglio nel ricreare uno spazio contemporaneo, funzionale, sensuale. Si, mi spingerei a dire che il Fondaco dei Tedeschi è uno spazio che seduce e lo fa con piccoli stratagemmi; tra questi un uso smodato dell’ottone e del bronzo dorato, che ritroviamo negli infissi, nelle inferriate, negli imbotti, nei parapetti, nel rivestimento dei corpi scala, tutti lavorati a spigolo vivo. Cosi il rosso lacca che fiammeggia attraverso i tagli geometrici operati nella muratura a contrasto con un pattern legno che riveste le scale mobili. Cosi, infine, il richiamo al pavimento tradizionale veneziano, il terrazzo che da rivestimento orizzontale sale fino a rivestire alcune pareti.
Tutti elementi dalle forti connotazioni estetiche che creano un ambiente con grandi capacità attrattive.
Ma entrando in una sfera più tecnica e meno modaiola di che tipo di intervento si tratta? dovremmo definirlo un restauro o piuttosto una ristrutturazione di un edificio storico?
Beh senza alcun dubbio se di restauro si tratta dobbiamo dire perlomeno che è un restauro atipico nel panorama nazionale. La prima cosa che colpisce è il gusto per la rovina che si avverte in alcune scelte architettoniche; solo per citarne una la volontà di lasciare la muratura e la struttura in cemento armato di epoca fascista faccia a vista. Altro tema è senz’altro un uso poco conservativo della spazialità originale: tagli geometrici nella muratura e sistemi di connessione verticale tanto scenografici quanto spregiudicati dal punto di vista del conservatore hanno alterato la lettura dello spazio dell’edificio antico.
Sebbene un’alterazione in tal senso c’era già stata nel corso degli anni 30 quando la corte centrale, per definizione scoperta era diventata uno spazio interno grazie alla copertura aggiunta, e in questo caso non solo conservata come idea, ma anche implementata con una nuova area espositiva posta nell’intercapedine tra la corte e la copertura.
Ed è quest’ultimo probabilmente l’intervento meno riuscito dell’intera operazione; la nuova copertura di vetro e acciaio della corte risulta essere esteticamente grossolana rispetto alla raffinatezza delle restanti scelte progettuali, e l’aggiunta di proiettori e americane appese al soffitto certamente non aiuta ad alleggerire il tutto, trasformando la corte alla stregua di un palco per eventi di second’ordine.
Lo spazio espositivo inoltre si veste di un’estetica fredda e asettica che non incontra in nessun modo gli ambienti dei livelli inferiori. Al netto di questo, di grande interesse è invece la terrazza panoramica creata sul tetto, che regala ai visitatori un nuovo punto di vista sul Canal Grande e sulla città, e rende visibile da vicino la bellissima merlatura di marmo a coronamento dell’edificio.
Pur non riuscendo a trovare una risposta definitiva alla domanda posta, se di restauro o di ristrutturazione si tratti, l’intervento nel suo complesso risulta essere riuscito nel proprio intento, ovvero creare un Hub del lusso nel cuore di Venezia capace di reinterpretare in chiave contemporanea un monumento storico, operazione sicuramente non facile considerando il contesto di una città che vive di un’immagine storica.
A cura di Ganesh Poggi Madarena
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